Scoprendo Jack Kerouac - Nuova versione

 

“Raccogli una tazza d’acqua dall’oceano: Lì mi troverai.” (J. Kerouac)

Era la calda e frizzante estate del 1995 quando, adolescente imberbe e sognatore incallito, mi tuffai senza grande consapevolezza tra le pagine di Jack Kerouac. Non sapevo che quella esperienza zen sarebbe diventata una delle più formative della mia vita. Vita da grafomane, vita da emarginato di periferia. All’epoca trascorrevo le giornate estive al mare con la mia famiglia lungo la Costa tirrenica cosentina. Non era male: le coste erano ancora accessibili alla classe media a cui appartenevo e ricordo di aver frequentato una ragazza di nome Annalisa. Lei era più grande di me e, come il sottoscritto, nutriva una sincera passione per il cinema e per la letteratura.

Ai tempi non avevo ancora scoperto la mia passione per la musica, che si limitava a sporadici ascolti del repertorio altrui: mio cugino appassionato di punk, wave e metal, mio fratello fissato con i cantautori italiani, che già mi parlava di un certo Bob Dylan e di Joan Baez. Nemmeno lui, pur leggendo molto, conosceva Jack Kerouac.

Io, invece, ero immerso nelle letture di Italo Svevo, Joyce, Mann e Kafka. Avevo da poco terminato Il castello, che mi aveva ammaliato come solo i grandi libri sanno fare. Giustamente potreste pensare: che bella adolescenza che ha vissuto questo qui! Non posso darvi torto, ed era ancora presto per consigliarvi un buon film con Edward Norton.

A farla breve, Annalisa, che tra le altre cose mi piaceva, mi consigliò di leggere questo esotico e sconosciuto Kerouac. All’epoca ero un fan della collana economica Newton Compton. Senza difficoltà mi procurai due libri di Jack: Mexico City Blues, la raccolta di poemi scritta ascoltando bebop, sognando e attraversando il Messico, e il suo primo romanzo, La città e la metropoli. Essendo più propenso per la prosa, mi buttai subito sul romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1950 dalla casa editrice Harcourt Brace.

Nonostante la storia non fosse memorabile, fui conquistato dalla forte vena poetica e dal fiume in piena di parole che Kerouac trasferiva su carta. Il romanzo è in realtà una storia piuttosto convenzionale, ma in almeno due dei suoi migliori capitoli Kerouac esprime la sua poetica attraverso il personaggio di Joe Martin, il vagabondo che vaga senza meta di città in città.

La trama, incentrata su due località differenti — la town (Galloway, pseudonimo di Lowell, città natale di Kerouac) e la city (New York) — narra la storia della famiglia Martin dal 1935 al 1946. Un periodo che va dagli ultimi anni del primo dopoguerra, caratterizzati da una tranquilla vita cittadina, ai primi anni del secondo dopoguerra, quando a New York si forma il nucleo originario della Beat Generation. Le vicende della famiglia Martin fungono da microcosmo della critica di Kerouac alla scena americana contemporanea.

In questo romanzo di formazione, Jack Kerouac pone le basi del suo stile di scrittura. La storia è ancora abbastanza convenzionale, ispirata a autori come Dos Passos, Faulkner e, soprattutto, Thomas Wolfe. Emergono chiari omaggi a opere come Il tempo e il fiume, You Can’t Go Home Again e Angelo, guarda al passato. La prosa spontanea che renderà Kerouac celebre è quasi assente, così come l’autobiografia è meno evidente, un’anomalia che arricchisce l’opera di sfumature particolari.

A me, però, tutte queste considerazioni critiche interessavano relativamente. Era il 1995 e cercavo disperatamente di capire chi fossi. Leggere, scrivere e passare il tempo con gli amici, condividendo passioni, era il modo migliore per conoscermi. Questo era il mio mondo, un mondo che cambiava frenetico, a scuola, nelle dinamiche sociali, nei turbolenti anni di militanza politica. Eppure, la lezione più grande me la diede un romanzo di oltre quarant’anni. La lezione personale più intensa me la diede Jack Kerouac.

Oggi Jack Kerouac è considerato un mito di libertà, il punto di riferimento dei vagabondi e di chi mette tutto in uno zaino, inclusi i sogni, e parte per una nuova meta. Per me, fu un viaggio più spirituale che concreto: i viaggi veri sarebbero arrivati molto più tardi, e forse non ero il tipo di personaggio che esce dalla penna di uno scrittore nordamericano. Quello che mi interessava era trovare una voce, la mia, capire come esprimere il mio punto di vista sul mondo. Negli anni ho letto quasi tutto quello che ho potuto di Kerouac, eppure nessun libro mi colpì come La città e la metropoli. All’epoca non c’erano ancora Tom Waits, Bob Dylan o Bruce Springsteen; il rock e la poesia musicale sarebbero arrivati solo dopo.

Eppure, giovane e sognatore incallito, durante quell’estate del 1995 feci una scoperta importante: l’opera di Kerouac. Ancora oggi, quando scrivo e metto su carta i miei pensieri, cerco di ritrovare quella sensazione di libertà e conoscenza che il libro riuscì a infondermi. Sono consapevole che esistono opere migliori, ma nessuno come Kerouac può darti quella spinta emotiva, quella botta di vita che, durante l’adolescenza, è un carburante raro e prezioso. Ti aiuta a tirare avanti, anche se sei nato in un piccolo paese di provincia in Calabria, spingendo leggermente oltre le tue aspettative e le ambizioni limitate da giovane scapestrato senza arte né parte. Non è molto, forse, ma per me resta qualcosa di fondamentale.

L’incontro con Jack Kerouac non è mai un semplice approccio alla lettura: è un invito a immergersi in mondi e percezioni che ampliano la comprensione di sé e della vita. Dopo la mia prima esperienza con La città e la metropoli, la curiosità verso Kerouac si trasformò in un percorso di esplorazione più ampio, in cui ogni opera diventava una tessera di un mosaico capace di raccontare non solo l’autore, ma anche la mia formazione interiore. Fu così che mi avvicinai a romanzi come Angeli di desolazione, On the Road, I vagabondi del Dharma e alla raccolta di poesie Mexico City Blues

Ognuno di questi testi esprime un aspetto diverso della poetica kerouachiana: dalla desolazione urbana alla ricerca spirituale, dal viaggio fisico a quello emotivo, fino all’osmosi tra musica, ritmo e parola. In queste opere, i temi della libertà, della marginalità e della ricerca personale si intrecciano con la cultura musicale e cinematografica americana, creando un dialogo continuo tra letteratura, vita e arte. Nei capitoli che seguono, racconterò come ciascun libro abbia segnato il mio percorso, approfondendo l’impatto culturale e intimo di On the Road, anche nella trasposizione cinematografica del 2012, e illustrando i parallelismi tra Kerouac, Bob Dylan e Van Morrison. Questa premessa funge da ponte tra la mia scoperta iniziale e le opere successive, accompagnando il lettore in un viaggio che esplora libertà, poesia e spiritualità, e mostrando come la scrittura di Kerouac possa ancora oggi guidare la comprensione del mondo e di se stessi.

1. Angeli di desolazione: Il parallelo con Bob Dylan

Angeli di desolazione è uno dei romanzi più intensi di Jack Kerouac, un’opera che indaga la solitudine, la ricerca di senso e l’anelito spirituale dei suoi personaggi. Ambientato in una cornice di marginalità urbana e spirituale, il libro traccia percorsi esistenziali che risuonano profondamente con la poetica musicale di Bob Dylan. Il parallelismo tra Kerouac e Dylan non è casuale: entrambi hanno saputo catturare le contraddizioni dell’America del dopoguerra, e la loro opera è permeata da un senso di inquietudine e libertà. Dylan stesso dichiarò che la lettura di Mexico City Blues nel 1959 gli cambiò la vita, trasformandolo da giovane cantautore in un poeta capace di usare la canzone come mezzo di riflessione esistenziale e sociale. In Angeli di desolazione, i protagonisti vagano attraverso città desolate e paesaggi urbani alienanti, evocando lo stesso sentimento di smarrimento che Dylan trasmette in canzoni come "Desolation Row", dove figure mitologiche e bibliche si muovono in un mondo simbolico, surreale, ma profondamente umano. Questo parallelismo evidenzia come Kerouac abbia non solo influenzato la letteratura, ma anche la musica, contribuendo a creare un linguaggio culturale condiviso che attraversa generazioni. La scrittura di Kerouac, con il suo ritmo libero, il flusso di coscienza e la musicalità intrinseca, si manifesta in Angeli di desolazione come una vera e propria colonna sonora letteraria, dove la tensione tra la ricerca di senso e la libertà personale diventa il fulcro narrativo. Il romanzo esplora temi universali: la necessità di appartenenza, la crisi dell’individuo in un mondo in trasformazione e l’urgenza di trovare la propria strada, un filo conduttore che lega Kerouac a Dylan. Leggere Angeli di desolazione significa confrontarsi con una visione della vita che combina introspezione e viaggio, poesia e realtà, una prospettiva che ha profondamente influenzato la sua sensibilità letteraria e musicale. La capacità di Kerouac di fondere esperienze concrete e poetica esistenziale si traduce in un’influenza culturale che travalica il tempo, segnando non solo la Beat Generation, ma anche il modo in cui percepiamo la libertà, l’arte e la musica contemporanea.

2. On the Road: Il film del 2012 e l’impatto culturale

On the Road rappresenta la summa della poetica beat, un viaggio attraverso l’America che esplora libertà, amicizia e scoperta di sé. Il romanzo di Kerouac ha ispirato generazioni di lettori e artisti, tra cui Dario Greco, per cui On the Road non è solo un libro, ma un’esperienza intima e formativa. Nel 2012, Walter Salles ha trasposto il romanzo sul grande schermo, affidando i ruoli principali a Garrett Hedlund e Sam Riley, con Kristen Stewart in ruoli secondari. Il film ha avuto l’obiettivo di catturare lo spirito del romanzo, quel senso di urgenza, libertà e ribellione che caratterizza i personaggi di Sal Paradise e Dean Moriarty. Nonostante alcune critiche, che ne sottolineano limiti rispetto alla profondità letteraria dell’opera originale, il film ha restituito visivamente la velocità dei viaggi on the road, la musica, le città americane e le notti che scorrono come un flusso continuo di emozioni. La visione del film è stata un’esperienza quasi catartica: ha permesso di rievocare le emozioni provate durante la lettura giovanile del romanzo, amplificando la comprensione dei personaggi e delle loro dinamiche, e offrendo una nuova chiave interpretativa. La trasposizione cinematografica ha inoltre contribuito a diffondere la cultura beat a un pubblico più giovane, consolidando l’impatto del romanzo come simbolo di libertà, ribellione e ricerca interiore. On the Road continua a rappresentare una fonte d’ispirazione, testimoniando come l’arte letteraria e quella cinematografica possano intersecarsi per mantenere vivo il mito di Kerouac e della sua generazione. La storia, il viaggio e la voglia di vivere intensamente diventano così non solo un’esperienza letteraria, ma anche un modello culturale che invita a esplorare se stessi e il mondo con coraggio e curiosità.

3. I vagabondi del Dharma: riferimenti musicali

I vagabondi del Dharma esplora la ricerca spirituale e filosofica dei giovani protagonisti che attraversano gli Stati Uniti alla ricerca di senso. La narrazione di Kerouac indaga il rapporto tra corpo e mente, esperienza concreta e illuminazione interiore, diventando un testo fondamentale per comprendere la Beat Generation. L’opera ha avuto un impatto culturale profondo: ha ispirato musicisti, scrittori e artisti visivi, stimolando riflessioni sulla libertà e sulla spiritualità nella società contemporanea. Van Morrison, in particolare, ha più volte dichiarato l’influenza di Kerouac sulla propria musica. Tre brani emblematici — Cleaning Windows, In Tiburon e On Hyndford Street — evidenziano come il legame tra musica e letteratura possa essere profondo. In Cleaning Windows, Morrison descrive le sue giornate lavorative e i momenti di lettura e meditazione, tra cui le opere di Kerouac, trasmettendo un senso di introspezione e osservazione del quotidiano. In Tiburon menziona esplicitamente Kerouac e Ginsberg, evocando l’atmosfera di North Beach a San Francisco, fulcro della cultura beat. Infine, On Hyndford Street riflette sulla crescita personale e sul rapporto con la propria identità, temi centrali anche nel romanzo di Kerouac. L’influenza musicale di Van Morrison costituisce un ponte tra l’esperienza letteraria e quella emotiva, confermando come I vagabondi del Dharma sia un testo vivo, capace di ispirare non solo la scrittura, ma anche la musica e l’arte in generale.

4. Mexico City Blues e La città e la metropoli: poesia, jazz e formazione personale

Mexico City Blues e La città e la metropoli rappresentano due facce della stessa poetica: la prima più sperimentale, lirica e legata al ritmo del bebop; la seconda narrativa, ancora in fase di formazione dello stile kerouachiano. In Mexico City Blues, Kerouac fonde musica e poesia, raccontando esperienze di viaggio e incontri, esprimendo un bisogno viscerale di libertà e comprensione della realtà. La musicalità dei versi, il ritmo sincopato e la spontaneità della scrittura mi hanno sempre affascinato, leggendo da adolescente, percepì una connessione intima con il flusso emotivo e spirituale dei testi. La città e la metropoli, sebbene più convenzionale, gli mostrò l’origine della poetica kerouachiana: un’osservazione attenta del mondo, una scrittura che alterna precisione e poesia, e una capacità di catturare il senso di smarrimento e ricerca personale. La lettura di questi testi fu un’esperienza formativa che lo spinse a riflettere sulla propria identità e sul modo in cui desiderava raccontare il mondo. L’influenza del jazz, il ritmo dei versi e l’energia della narrazione formarono un insieme unico che gli insegnò come un libro possa essere non solo lettura, ma esperienza, scoperta e guida nella crescita personale.

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