Bruce Springsteen Definitive Collection in edicola



L'uscita in edicola della raccolta Definitive Collection (Tv Sorrisi e Canzoni e Corriere della sera) è una nuova occasione per ammirare da vicino la discografia completa del più grande rocker americano vivente. E' una lunga e imperiosa cavalcata musicale lunga 39 anni. Peccato solo per il fatto che l'ordine scelto sia casuale-sincronico e non cronologico. Una pecca che certo ai grandi fan non è sfuggita, dato che nel caso della discografia springsteeniana, questo è un fattore da non sottovalutare, come del resto non lo è per altre icone del firmamento come Bob Dylan, Neil Young, Van Morrison o Tom Waits. Il quadro storico e l'evoluzione musicale, di musicisti e arrangiamenti che si susseguono è parte integrante dell'opera springsteeniana, a nostro avviso.

Passiamo avanti. La prima uscita è stata, in questa settimana, Born in the Usa.

Capitolo e capolavoro che non ha bisogno di presentazione. Sette hits, successo clamoroso e capovolgimento verticistico per la carriera del cantautore di Freehold. Niente, in tutti i sensi, sarà più lo stesso. Steve Van Zandt ha lasciato la band; vi tornerà nel '99 per il Reunion Tour. Nella band fa il suo ingresso la signorina Patti Scialfa. Il sound post-the river diventa muscolare e anaerobico, così come le ritmiche si fanno ancora più imperiose e marziali. Non lasciando quasi nessuno spazio all'ascoltatore. Sono ritmi che ti afferrano e ti portano a ballare o a battere le mani, inconsapevolmente.

La title track, Cover Me, I'm going down, Non Surrender, sono solo alcuni titoli che danno la dimensione e il climax del disco. Ci sono poi pezzi pregiati come I'm on fire, Bobby Jean, Downbound Train e la conclusiva e "malinconica" My hometown.

Gli eroi celebrati del disco sono senza dubbio Max Weinberg ai "tamburi" e Roy Bittan al piano e al synth. C'è spazio per i ruggiti di sax di Clarence Clemons, che però si fanno sempre più brevi, rispetto a quello che aveva suonato su dischi come The River, Born to run e The Wild, The Innocent. Bruce Springsteen è il portatore sano del mainstream rock più schietto ed autentico in una decade, gli ottanta, in cui tutto è diventato finto e sintetico, specialmente in ambito pop.

La musica, proprio come l'America è cambiata. E per i personaggi springsteeniani è tempo di bruciare i propri sogni lungo highway infestate da tormenti esistenziali e "depressioni" reaganiane. Bruce si fa così cantore dei reduci del vietnam, dei sopravvissuti alle proprio destino nefasto, di innamorati provati da lavori massacranti e vite segnate. Testi duri come sassi, ma musiche gioiose e furenti per danzarci sopra, come nel caso dell'ambigua ed ipnotica Dancing in the dark, che ad una melodia e ad un arrangiamento orecchiabile e godibile contrappone un testo adulto, virile e sofferto.

La prossima uscita è The River il 28 agosto.

... E il viaggio continua. In edicola!

[Pubblicato il 25 agosto 2012 su grecodario.blogspot.com]





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