Guida all’ascolto di Van Morrison - Pt. 1
Guida all’ascolto
di Van Morrison - Discografia essenziale
Introduzione
Sono consapevole che scrivere una guida all’ascolto di un artista come Van Morrison potrebbe risultare una trappola.
Nonostante la mole di articoli, libri e saggi pubblicati negli anni, pochi sono stati capaci di condensare il senso della produzione discografica morrisoniane, senza evitare una certa retorica, condita da personale astio e risentimento verso un musicista sfuggente, dal carattere sicuramente non facile, ma dotato di un evidente e solare talento artistico.
Non è un caso che tra gli appassionati il dibattito, a distanza di anni sia ancora piuttosto acceso circa la capacità del Nostro di continuare a stupire e a regalare, a distanza di oltre 50 anni dal suo esordio, un numero impressionante di dischi e canzoni di alta scuola, dove il mestiere e la naturale capacità di scrittura, si coniugano alla perfezione. In pratica Van Morrison vive nel proprio elemento, la musica, senza badare più di tanto al farneticante vociare di chi tenta ancora di descrivere, etichettare e analizzare, come se si trattasse di un cantautore come tanti.
Chi vi scrive ritiene invece Morrison unico, di una grandezza e di un valore
artistico con pochi sparuti eguali e tanti troppi epigoni, gigante in quella Terra
desolata, dove i suoi stessi miti tramontano inesorabilmente.
Ribadisco il concetto: pur con la consapevolezza che scrivere una guida all’ascolto di un artista come Van Morrison potrebbe risultare una tagliola ben affilata e oliata, faccio tesoro della rapidità di Garibaldi, mio amico a quattro zampe, che mi tende agguati e mi esorta alla lotta.
Scrivere di musica è un affare per felidi, bisogna essere lesti, dinamici e imprevedibili, affilando le unghie, pronti alla lotta così come al gioco e all'ozio.
Premessa
Scriverò una scheda esaustiva, disco per disco quindi, di quelli che considero i dischi fondamentali da ascoltare e/o acquistare di questo importante musicista e cantautore nordirlandese. Compilo questa selezione in ordine cronologico, senza tenere conto dell’importanza, del gusto personale e di altre questioni a mio parere secondarie. In questo momento ho selezionato i primi quindici dischi in studio, ma potrei anche ritenere di portare questa operazione a venti unità, prevedendo anche un'analisi su dischi dal vivo, compilation e collaborazioni, che in una produzione sterminata come quella di Van Morrison sono abbastanza frequenti e rilevanti.
Astral Weeks - Capitolo uno
La storia
musicale di Van Morrison comincia con la band garage rock THEM, attiva a partire dal
1964. Per chiunque fosse interessato all’ascolto, consiglio di recuperare il
cofanetto antologico The Complete Them 1964-1967; qui possiamo ascoltare i primi
brani autografi realizzati dal Nostro. Il 1967 segna invece l’esordio della sua
carriera solista con il primo album, Blowin’ Your Mind. Nonostante si tratti di
una pubblicazione controversa, gestita in modo esuberante da Bert Berns,
troviamo qui già tracce di alta scuola e di quello che in seguito Van Morrison sarà
capace di proporre al suo pubblico. Una carriera, quella solista, che ha già
alle spalle oltre 55 anni.
Il primo
vero disco di Van Morrison, inteso come album concepito per essere un long playing
e non una raccolta di brani, è dunque Astral Weeks. Si tratta di un disco la
cui importanza storica, culturale e musicale, è stata ampiamente documentata
nel corso degli anni. Pubblicato per la prima volta il 29 novembre 1968, il
disco è diventato nel corso del tempo una pietra miliare della musica popolare,
ed erroneamente considerato uno dei capisaldi del rock fine anni Sessanta. Utilizzo
il termine “erroneamente” per indicare la chiara volontà del suo autore, del
produttore Lewis Merenstein e dell’ensemble di musicisti coinvolti, di chiara
impostazione jazz, di realizzare un disco capace di trascendere e di
oltrepassare le barriere del genere musicale. Astral Weeks, con le sue
composizioni liriche, libere e aperte, come un flusso di coscienza, tipico di
certa prosa Beat, rifugge e ricusa ogni legame apparente con la musica vigente
in quegli anni. Niente chitarre elettriche in primo piano, un utilizzo
originale e personale della voce, degli strumenti di accompagnamento, degli
archi e in particolare del basso e del contrabbasso di Richard Davis.
Vale la pena
citare tutti i musicisti che prendono parte alle registrazioni, oltre al già citato
Davis, la formazione vede coinvolti: John Payne al flauto, Warren Smith Jr. alle
percussioni e al vibrafono, Connie Kay alla batteria, Jay Berliner alle
chitarre acustiche e classiche.
Il disco
inizialmente riceve tiepidi consensi, specialmente in termini di vendita, ma
nel tempo diventerà un vero classico e uno dei dischi più apprezzati, amati e
incensati, a ragione, del Nostro. Seminale per autori e dischi che sono entrati
di diritto nella storia della musica rock, su tutti mi piace citare Born to Run
di Bruce Springsteen, che non a caso ospita proprio Richard Davis nel brano più
jazzato e crepuscolare del lotto: Meeting Across the River. Ascoltare la title
track in sequenza con Madame George, per credere!
Primo
tassello e disco fondamentale per chiunque voglia approcciarsi non solo alla
musica di Van Morrison, ma anche a un certo tipo di disco e di stile cosiddetto
cantautoriale. Adorato da critici del calibro di Greil Marcus, Paul Williams e
Lester Bangs, il quale scriverà un saggio passato alla storia, contenuto nel
suo libro Psychotic Reactions and Carburetor Dung.
Brani
memorabili contenuti nel disco: Madame George, Sweet Thing, Cyprus Avenue e
Ballerina. Nel 2009 Van Morrison pubblica la versione dal vivo, eseguita all’Hollywood
Bowl. Tra i musicisti coinvolti si segnala il ritorno di vecchie conoscenze
come David Haynes al basso, Terry Adams al violoncello e soprattutto come il
chitarrista Jay Berliner, che aveva preso parte alle registrazioni di Astral
Weeks nel 1968.
Il prossimo
appuntamento è con Moondance, disco capolavoro pubblicato il 27 gennaio 1970.
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