Lezioni spirituali per giovani rocker

Lezioni spirituali per giovani rocker

Domani potrete completare la distruzione del vostro mondo. Domani potrete cantare in paradiso sopra le rovine fumanti delle vostre città terrene. Stasera però vorrei pensare a un uomo, a un individuo solitario, a un uomo senza nome né paese, un uomo che io rispetto perché non ha assolutamente niente in comune con voi: me stesso. Stasera mediterò su ciò che io sono, su quello che sono stato per la maggior parte del tempo. Torno indietro, solo con la mente, ma è già qualcosa, mi lascio trasportare dal ricordo e uso come mezzo per spostarmi, oltre alla memoria, il suono, la voce e gli strumenti che mi hanno accompagnato, lungo questo viaggio, per strada, fino al punto esatto dove mi trovo ora, in questa stanza, con questo laptop, che tengo acceso anche più del giusto, come estensione ormai definitiva della mia persona, di questa anima. Si dice che sono solo oggetti, forse è vero, ma da come una persona tiene una macchina, un telefonino, e perché no, un computer, puoi capire tante cose, forse troppe. Poi ci sono i feticci, quelle cose che devi portarti per forza di cose dietro, come quella inseparabile foto, ricordo di quando avevi tanti chili in meno, tanti, troppi capelli in più, ma anche una faccia da cazzo, di ragazzino imberbe e impertinente, spavaldo e fiero. Spavaldo e fiero non lo sono mai stato, ma ci sono stati dei grandi compagni di viaggio, non dirò amici, perché che cos’è un amico, ma a volte si incontra un artista, un musicista, un poeta e perché no, un cantastorie, che ti aiuta a saltare, di brano in brano, di accordo e disaccordo, da un punto esatto della tua vita, dove non vorresti più trovarti, dove non saresti più in grado di resistere un momento di più. Questo sono io, a diciassette, ventidue, ventotto, trentacinque e dodici anni. Ho scelto nove capitoli e qualche compagno di viaggio in più, per raccontarvi quello che è stato il mio viaggio, musicale, spirituale e fisico. Nonostante avessi il cuore colmo d'inquietudine e d'una pena indicibile, atteggiai la faccia a un sorriso sardonico, sfrontato.

Era un bel po’ che non mi sedevo a riflettere, a scrivere e ad ascoltare musica. Non è importante cosa sto ascoltando, per la cronaca è il terzultimo di Nick Cave e non è importante nemmeno ciò che penso. Quando hai 35 anni di quello che pensi tu non gli frega niente a nessuno. A meno che tu non sia Dante Alighieri. E io non sono Dante Alighieri. Sono un poveraccio che tenta di sopravvivere e di non fare la figura dell’allocco. Ho smesso la pretesa di essere qualcuno e di stupire le persone. Non è quello lo scopo. Almeno per me. A diciassette anni, giubbotto di pelle, stivali western e Walkman Sony nelle orecchie me ne andavo in giro per le strade della mia città convinto che avrei lasciato il segno. Da qualche parte. Facendo pipì, suonando in una rock band, che differenza fa? Ascoltavo molto rock americano, nel mio Walkman, ma questo lo faccio ancora. Ho tentato con scarso successo di occuparmi di web marketing, io che a mala a pena riesco ad occuparmi di me stesso e delle persone che amo. Leggevo, quasi per spirito di contraddizione, come se fossi poggiato su un Jukebox all’Idrogeno diretto verso il nowhere "Lezioni spirituali per giovani samurai" di Mishima. Eppure da giovanissimo lo avevo sempre snobbato . Mi stavano sulle palle anche quelli che lo citavano e se ne gonfiavano il petto. Io leggevo Burroughs, Kerouac e qualche volte, ma solo quando ero molto depresso, Kafka. Suonavo nella peggiore rock band della città, e ne ero fiero. Facevo anche un programma in radio, e anche di quello ero moderatamente fiero. Scrivevo lunghi racconti ambientati in una periferia silenziosa, ma di questo non andavo molto fiero, lo ammetto. Sentivo nell’aria strane cose, jazz, etnica, punk, metal, hip-hip, ed io? Classic rock. E ne andavo fiero, cazzo! Come dei miei jeans neri, di un paio di occhiali scuri da egomaniacali e della certezza che prima o poi avrei avuto ragione. Perchè io non mi convertirò mai al cd. Sono uno da musicassetta, cazzo! Sì, certo che avrei avuto le mie ragioni, a correre lontano da qui. Avrei avuto le mie ragioni eccome! Tramps like us, baby we were born to run

Nulla mi pungolava a procedere fuorché il mio senso di irrequietezza, identico a quello di un bambino impaziente di avere la merenda. C’è un passaggio di Mishima che mi ha colpito molto. Non so se lo ricordo bene. Sto seguendo un corso di content marketing online e a volte tendo a confondere le cose. Poi questo dannato Nick Cave sciorina di un’ipotetica redentiva Jubilee Street, ragion per cui fate voi: le chiacchiere stanno a zero, così come il conto in banca. E Spotify è l’argomento del giorno. La prima cosa che ho pensato è: qualcuno doveva pur dirlo. Solo che non ricordo con esattezza che cosa. Ah, hai avuto una bambina? Felicitazioni. Io ho avuto un attacco di ansia ieri, ma nessuno si è degnato di farmi gli auguri, 'sti stronzi!  Ho smesso di bere e di fumare, tra gastrite e guai vari, ma in fondo non m’importa. Il mondo è pieno ormai di Solid Air e di solidi stronzi. E mi ci metto pure io. Non ho ancora voluto mettere la testa a partito (sì, ma quale? Certo non il PD!) e a pregare. Porto pazienza e tento di risalire la china. La primavera è arrivata ed è giunto il momento di gareggiare in strada, dribblando le buche che il buon sindaco non ne vuole sapere di aggiustare! In debito di ossigeno e di irriconoscenza e col vento dritto in faccia. Contro. Le emozioni non hanno simpatia per l'ordine fisso. Viviamo in una società angusta, tentando di non entrare in conflitto tra noi, di armonizzare i nostri egoistici interessi per vivere piacevolmente. E tuttavia nel nostro animo vive una segreta insofferenza per questo tipo di morale, soprattutto nei periodi in cui la pace dura da lungo tempo a causa di un governo democratico.

Non è né giorno né notte. È l'alba che viaggia a brevi onde al battito delle ali di un albatro. I suoni che mi giungono sono attutiti, rimbombanti, smorzati, come se i travagli dell'uomo si svolgessero sott'acqua. Sento la marea che si ritrae ma non ho paura di essere risucchiato, sento le onde che sciabordano ma non ho paura d'affogare. Cammino tra i relitti e i rottami del mondo, ma i miei piedi non sono contusi. Non c'è limite al cielo né divisione tra terra e mare. Mi muovo tra chiusa e orifizio con piede instabile, che scivola. Non annuso niente, non odo niente, non vedo niente, non avverto niente. Supino o prono, di fianco come il granchio o a spirale come un uccello, tutto è beatitudine vellutata e indifferenziata. 

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