Against All Odds

Against All Odds - Una storia di Dario Greco

Un autore di testi su criptovalute affronta una crisi personale e una settimana assurda tra la scomparsa del suo gatto, l’amore, il karaoke e la vittoria del Napoli. Un racconto tra sogno e realtà con uno stile da cinema britannico anni Novanta. 

Prologo in blu e oro

Era fine maggio. L’aria sapeva già d’estate e il cielo del Sud si stendeva sopra le case come una coperta stirata bene, con l’oro del tramonto che tagliava i balconi e faceva brillare i vetri delle finestre. La città – che non nomineremo, perché certe storie possono accadere ovunque – sembrava trattenere il fiato: il Napoli era a un passo dallo scudetto. Antonio Conte era al timone come un autentico condottiero: il sudore e i sogni di una stagione al cardiopalma distillati in novanta infiniti minuti contro il Cagliari di Nicola, già salvo, ma poco propenso a regalare i tre punti preziosi agli Azzurri. Giuseppe Frassia – per tutti Peppino – non pensava al calcio, in quel momento. Era seduto davanti al portatile, circondato da cartelle piene di bozze dai titoli simili: “Cos’è il Layer 2 e perché rivoluzionerà la blockchain”, “Come guadagnare con gli airdrop (aggiornato 2025)”. A quarant’anni, Peppino viveva di questo: scriveva testi per blog di economia, portali di finanza decentralizzata, newsletter per start-up di criptovalute con loghi minimalisti e fondatori iperattivi. Scriveva bene, con una precisione quasi dolorosa, ma in fondo sapeva che nessuno lo leggeva davvero. O meglio: nessuno lo ricordava. Ma non era mai stato il tipo da fare casino per farsi notare. Neanche da ragazzo, quando viveva a Cambridge lavando piatti in un pub irlandese o più tardi, a Valencia, tra notti insonni, vino rosso e sogni di band rock progressive che non hanno mai preso forma. Ora abitava da solo, in una casetta gialla con un piccolo giardino e una sedia a dondolo arrugginita. E viveva con cinque gatti. Ma uno solo era il suo preferito: Anguissa.

Anguissa era un gatto nero dal pelo lucido, due occhi color rame e una macchia bianca su una zampa posteriore. L’aveva raccolto cucciolo due anni prima, durante una pioggia estiva. Il nome gliel’aveva dato per scherzo, durante una partita del Napoli, col calciatore camerunense che dominava il centrocampo come un condottiero africano redivivo. Ma il nome era rimasto. E anche il carattere da guerriero: Anguissa era sveglio, schivo, libero. Dormiva sopra la libreria, si lasciava accarezzare solo quando lo decideva lui e sapeva sparire per ore, per giorni a volte, tornando con graffi nuovi e storie che non avrebbe mai raccontato. Quella mattina, però, non era tornato. E neanche la sera. E nemmeno il giorno dopo. Peppino, inizialmente, fece spallucce. “Starà in giro, a combattere con qualche cane del quartiere”. Ma al terzo giorno cominciò a sentire un nodo allo stomaco. Il settimo, il nodo diventò una pietra.

Carmelina, la cassiera del Conad

Carmela lavorava al Conad sotto casa. Una donna solida, capelli tinti di un rosso acceso, occhi svegli e unghie sempre curate. Aveva dieci anni meno di Peppino ma parlava come una zia e rideva come una ragazzina. Lui la conosceva da mesi. Andava a far la spesa quasi ogni giorno, anche solo per comprare due yogurt o una scatoletta per gatti. Lei lo prendeva in giro: — Sempre solo? Ti porti appresso sta faccia da Phil Collins vedovo? Peppino si illuminava: pochi capivano la battuta, ma lei sì. Anche se Phil Collins non le piaceva. Lei ascoltava Gigi D’Alessio, Il Volo, musica da sabato sera con tovaglie plastificate. Ma qualcosa in Peppino la incuriosiva: forse la gentilezza, forse la malinconia, forse la voce roca che si apriva solo quando cantava al karaoke. Già, il karaoke. Ogni venerdì sera si incontravano al pub “La Stiva”, un locale arredato con finti timoni e reti da pesca. Carmela cantava “Non dirgli mai” o “Grande amore”. Peppino si esibiva sempre e solo con due pezzi: In the Air Tonight e Against All Odds. Era un rituale.

Passarono otto giorni. Anguissa era sparito da troppo tempo. Peppino, che fino ad allora aveva affrontato tutto con dignità e un filo di cinismo, cominciò a franare. Dormiva male. Non scriveva più. Fingeva con Carmela, ma bastava che qualcuno dicesse “gatto” o “Anguissa” per fargli tremare il labbro inferiore. Una sera prese a vagare per la città. Cercò nei giardini, nei parcheggi, nei cantieri abbandonati. E lì, dietro una catasta di mattoni, lo trovò. Anguissa era ferito, aveva perso un paio di denti e aveva del sangue secco sul dorso, ma era vivo. Lo raccolse come si raccoglie una parte di sé. Lo portò dal veterinario, lo curò, lo vegliò come un monaco tibetano con un compagno d’anima. Fu in quei giorni che qualcosa si ruppe e si ricompose. Mentre disinfettava le ferite di Anguissa e cantava sottovoce You'll Be in My Heart, si ritrovò a ripensare alla propria vita, ripercorrendo una a una tutte le tappe che lo avevano portato fin lì.

AG4IN - Il Napoli di Conte è campione d'Italia

La sera in cui il Napoli vinse lo scudetto fu surreale. La città – tutta, ovunque fosse – esplose. Le strade si riempirono di motorini, trombette, fumogeni e madonne vestite d’azzurro. Peppino accese la TV e guardò la partita con Anguissa addormentato sul divano. Alla fine si alzò in piedi, alzò le braccia e gridò: — Sta gioia ce la prendimm’! Poco dopo, ricevette un messaggio. Era un’email: “Phil Collins Box Set – Edizione limitata. Brani inediti anni ‘80/’90”. Si sedette. Scrollò. Lesse. Era reale. Un cofanetto, con interviste rare, versioni alternative, registrazioni demo. Pianse. Ma senza farsi vedere. Una sera, al karaoke, Peppino cantò “Against All Odds” come se stesse scrivendo una lettera al destino. Carmela lo guardava come se lo vedesse davvero per la prima volta. Dopo la canzone gli disse: — Sai che forse mi trasferisco da te? — Sul serio? — Se mi danno l’aumento. — E se non te lo danno? — Vengo lo stesso. Ma mi dovrai far capire sta musica tua strana. Chi è sto Gabriel? — Peter Gabriel. Ma prima c’è da capire Supper’s Ready. Non è facile. Lei rise. Poi lo baciò. Giugno arrivò. Anguissa aveva ripreso a mangiare di nuovo in autonomia, anche se non senza qualche problema di masticazione. Peppino scriveva meglio, forse perché aveva smesso di voler piacere. Carmela portò due valigie e una pianta di limone. Ogni tanto ascoltavano Gigi D’Alessio. Ogni tanto no. Un sabato, Peppino mise su A Trick of the Tail e disse: “Questa è la mia casa, anche se non è mai stata una casa”. Carmela lo abbracciò. Il gatto si stiracchiò. E il cielo era ancora azzurro, lì a sud del Vesuvio.


Le opinioni e i sentimenti narrati in questa storia sono frutto della fantasia dell’autore e non costituiscono consulenza finanziaria, musicale o sentimentale.


- AGAINST ALL ODDS - UNA STORIA DI DARIO GRECO 

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