Big Iron Gospels




BIG IRON GOSPELS - (Johnny Cash Spleen) 

"Certo, avrei potuto giocare meglio le mie carte, senza dubbio, e ci sono cose di cui mi vergogno, ma quando mi guardo allo specchio, sono fiero di quello che sono. I tratti del mio carattere che mi hanno fatto combattere il mondo sono gli stessi che mi hanno permesso di farmi valere."

(Edward Bunker)

La verità si sente, si avverte e deve vincere prima o poi.

Quanto dolore, quanta passione e sudore, abbiamo sprecato in certe giornate perse, in scampoli di vita gettati invano. Quando nasci sotto una cattiva stella, dopo un po' tocca farci il callo e allinearsi, specialmente se vieni da queste parti. Se sei uno cresciuto tra balle di fieno e cazzate monumentali. Non hai certo raccolto il cotone per poi vestire di nero, indossare un paio di jeans Lee e atteggiarti a bifolco con un esponenziale bagaglio di esperienze. Dobbiamo mettere le mani nella merda, prima di capire da dove viene. E la puzza non va subito via, anzi. Disperarsi serve a poco. Si dice che se vieni da queste parti, se ti va bene ti mandano a vendere aspirapolvere per la Folletto, ma non c'è molta differenza, tra ciò che senti in cuor tuo e quello che invece ti tocca fare, pur di sbarcare il lunario. Questo lunario musicale da lockdown, che non è poi così diverso dagli altri, che saranno, che sono già stati. Almeno tornerai a casa. Ci sarà qualcuno pronto ad aspettarti, a saltarti al collo: no, non per ricoprirti di baci, ma per maledire il tuo nome. Non sei nato sotto una buona stella, te ne rendi conto, sera dopo sera. Tentando di scrivere quel grande romanzo della vita, di opportunità sprecate che non hai davvero avuto. Poi magicamente qualcosa accade, qualcuno si rende conto di cosa e chi sei. E allora si accendono le luci, si posizionano i microfoni e ti ritrovi nudo a dover affrontare una folla di scalmanati e disperati, come te. Ti chiederai forse che cosa vogliono, ma la risposta è semplice e non soffia nel vento. Vogliono un po' di sollievo, prima di tornare nelle loro case, a quella vita di sudisti repressi e buzzurri. Io però ho visto un uomo vestito di nero, distillare poesia dalle corde di una chitarra acustica. Ho capito che tante cose, se davvero le desideri, si possono avverare. Se anche io sono arrivato qui, a dire ciò che provo, significa che almeno una volta nella vita, i sogni prima di rompersi e andar perduti, li puoi sempre legare e annodare, fino a formare un anello di fuoco, dentro una friggitoria di periferia, dove una radio portatile sta suonando questo vecchio 45 giri. Canta del Signore, di speranza e promesse, che di sicuro non potrai mantenere. Il country devi averlo nel sangue, non è questione solo di tecnica. E’ un suono ancestrale di dolore e dannazione eterna. E’ un Salmo biblico di peccati e redenzioni, ma è anche il ritmo infernale di chi reclama la propria anima, affinché possa uscire per un'ultima volta da quella dannata cassa da morto. Il suono e il rumore di questo vecchio pezzo di legno, è riconoscibile ed è reale, come la bottega del sarto, dove da piccolo mio padre mi portava per sistemare i pantaloni. Impossibile dimenticare gli odori, le sensazioni e quegli aggeggi infernali, che un po' senza essere troppo sadici, ci piacciono. Perché scatenano la fantasia, come la prima volta che sei entrato in uno studio di registrazione di periferia. Ti ricordi un po' tutto, meno la canzone che avevi scritto, quel pezzo che di lì a poco dovrai togliere fuori dal cuore, dalla tua anima. Quella canzone, quel suono impreciso, di fretta e un po’ per caso, può essere il tuo unico biglietto di salvezza. Terra Promessa. Tu lo sai bene, perciò canta, canta come se da essa potesse dipendere il resto della tua vita, perché il bello è che è le cose stanno esattamente così. Ora, prima che si possa riavvolgere il nastro, ci saranno il vecchio e barbuto Rick e saranno passati e anni e anni e fiumi antichi e nuovi avranno mutato forse il loro corso, ma la tua voce, invecchiata, solida, è ancora lì, mentre Tom ti sostiene con le sue liriche, con la sua band. In fondo è solo intrattenimento, ma non per questo bisogna fare le cose male. Abbiamo già superato l'ultimo giorno bello della nostra vita, e ce ne saranno ancora pochi, prima di questo inevitabile oblio. Sono Hard Times and Hard Promises e c'è attesa. Sicuramente un accento del sud che ti riporta a casa, in questa catapecchia dai sogni infrangibili. C'è sicuramente una vecchia radio e un cerchio di fuoco che ti fa sentire i tormenti di angeli caduti e di un pianoforte dolce che suona un arpeggio ora soave, per un'ultima registrazione. Da mandare all'infinito contro il morire della luce. Ti sei vestito di nero come un valletto della Rai, ma eri uno di quelli veri, che dietro tormenti, dolore, errori e stupefacenti, ha raccontato e cantato il cuore pulsante di una Nazione. Un Paese, il country, che era già nato, ma che non aveva ancora trovato unità: stava crescendo, malgrado tutto, con i suoi limiti, con le fisime, con le ginocchia sbucciate e il culo rotto. Ora c'è un giovane hillibilly che sta ascoltando: tiene le orecchie dritte, perfettamente sintonizzate, mentre ci sono ragazzi che fanno casino, ma è un casino celestiale, quasi beato. Ci sono questi strani tipi che vengono da Liverpool, e hai già riavvolto il nastro chissà quante altre volte, caro Johnny! Johnny bye bye, ho fatto in tempo ad ascoltare almeno qualche tua canzone, rollando uno spinello e un altro e un altro. Fino a chiudere un cerchio e un anello di fuoco, dentro una friggitoria, piccola e piena di muffa, dove ho consumato i miei vent'anni, ma non li rivoglio certo indietro, perché è stato un vero onore poter percorrere un pezzetto di strada vicino a te lì davanti. Dove il vicolo della disperazione accetta, come moneta di scambio, gratitudine e riconoscenza. Tu sai bene che non puoi far altro che aiutare chi sta peggio di te. Chi sta cercando una strada, una nuova ispirazione, che arriverà, prima o poi. Perché ci sono luci e candele che non puoi spegnere del tutto; è la fiammella della buona musica, di tutto ciò che è vero, come la tua chitarra acustica solid body, come la mia rassegnazione e come una registrazione senile di Johnny Cash. Big Iron. Dum dum dum! Canta ancora e non mi abbandonare. In questa notte senza fine che sto vivendo. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Fino a quando la luce calerà anche sopra questa corona di spine.

La scrittura era diventata la mia sola possibilità di uscire dal pantano in cui era scivolata la mia vita. Avevo perseverato anche quando la candela della speranza si era completamente consumata. Avevo perseverato per abitudine, perché non avevo la minima idea di che altro avrei potuto fare. 

(Edward Bunker)

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