Paranoid a Licata

Ovvero: come persi l’udito e trovai me stesso grazie ai Black Sabbath C’è un’età in cui un uomo comincia a rivalutare tutto. Le scelte, gli amori, i dischi. Per me è stato a 50 anni. Età balorda. Hai già cambiato shampoo tre volte per nascondere i capelli bianchi e l’unica cosa che ti cresce davvero è il colesterolo. Eppure… una sera, succede. Mi chiamo Giacomo Spadaro, vivo a Licata, e sono un ex-batterista fallito con la schiena a forma di punto interrogativo e una collezione di vinili che vale più della mia Panda del ’98. Quella notte, dopo l’ennesima cena a base di peperonata e rimpianti, ho deciso di rimettere su il primo disco dei Black Sabbath. Non in streaming, no. Proprio il vinile. La prima edizione italiana del 1970, quella che quando giri la copertina ti sembra di sentire l’odore di moquette, sudore e Satana. Il giradischi gracchiò. Poi, l’inizio: pioggia, tuoni, e quelle tre note che sembrano suonate da un Dio ubriaco col mal di denti. Il pezzo era “War Pigs”. Quella con l...