Introduzione alle divagazioni morrisoniane
Introduzione alle divagazioni morrisoniane
Ci sono canzoni che iniziano già a metà di una storia e ci sono storie che partono in sordina, a volume basso, per poi salire, dolcemente, d'intensità. Quei pezzi difficili, il contrario dei cinque pezzi facili, che se ti prendono però diventano imponenti proprio come il marlin di Hemingway. Le vere canzoni devono partire lente, danzando su velluto, come se incontrassi la persona speciale. Quella che rende la tua vita prima meritevole di essere vissuta e un vero inferno, dopo. Che il gioco della guarigione muti pelle, nel tempo, dissimile alle compagnie di solitudine. Sono gli autori che ti faranno compagnia chiedendo in cambio un piccolo compenso, ben poca cosa rispetto a ciò che daranno a te, come la buona medicina amara, salvifica. Ti cambiano la vita, il più delle volte in meglio. Ballate dal vago sapore torbato come Over the hill di John Martyn, dall'incedere scampanellante e tintinnante come Buckets of Rain. Ancora meglio: sontuose e pastorali come Linden Arden Stole the Highlights. Adesso invece penso all'ispirazione che sta dietro un brano come Just like Greta. Un autore maturo che si confronta, ancora una volta, col tema della solitudine; attraverso una sinuosa ed elegante ballata. Autentica cifra stilistica, pezzo pregiato del repertorio tardo morrisoniano. Un autore che non tutti conoscono, purtroppo. Antidivo schivo, che rifugge il successo facile, quasi come se si trattasse della balena bianca della musica d'autore. Cerca semplicemente trascendenza e ispirazione, Van Morrison, forse. Merce rara, in tempi di lirico squallore, come questi che stiamo vivendo e attraversando. Dalle settimane astrali al vello di Veedon, sono visioni stupende e struggenti. Tutto ciò che vuole è creare musica. Un po' come noi qui e ora, cerchiamo ispirazione, trascendenza, comunione, forse. Di certo non liberazione. Anzi, noi siamo di certo prigionieri di peccato e bramosia. Stregati e rapiti, dal beat Northern Soul, esuli legionari al bromuro nella terra di Smeraldo. Quando senti un organo Hammond b3 trillare una melodia melliflua, apri le porte del cuore e del tuo locale ideale, per sentire la voce di un troubadour, che si inerpica in uno scat naturale, fluido, come un flusso di coscienza in una notte di quasi estate, quando ciondoli per casa senza una vera prospettiva, ma è troppo presto per cedere il passo alla rassegnazione e al giusto riposo del guerriero digitale.
C'è un
quesito che sta soffiando facendo vibrare la candela profumata che ho posto sul
mio triste davanzale, nella speranza di ritrovare luce, ispirazione e speme. C'è
un quesito in questa oscura notte che stiamo attraversando e che non mi lascia
in pace, che non concede alcun riposo alle mie già provate membra. Così verso
un cicchetto solo per connettermi coi miei pensieri più remoti, ancestrali e
pruriginosi. Senti davvero questo suono di Hammond B3 o fai finta di essere
colto come me da questa nostalgica sensazione di spingerti verso la costa. Sì,
ma quanto ti costa? È un invito al blues, è una domanda di partecipazione a cui
credevi di aver già dato adesione.
C'è ancora
tempo. Tempo per perdersi e ritrovarsi, con le tue dita che corrono e
percorrono questa tastiera, queste corde logore, com' è logora questa
ballata. Perché la tua chitarra non piange in lontananza, ma il suo sentimento
ti conduce su strade forse polverose, sicuramente bagnate. Ci sono luci tenui
che ti possono fare compagnia come una vecchia amica, prima ritrovata, poi
definitivamente perduta. C'è egoismo e brama di vivere in quegli occhi; voglia
di soddisfare tutto quello che ti era mancato. E c'è ancora tempo per una
ballata quindi? Sarà forse dominata da questo piano austero, da un contrabbasso
felpato e sornione, che ti carezza il viso, come una calda amante. Hai cercato
di vivere dentro questa canzone per così tanto tempo. ma la tua vita non può
essere solo bella musica e non puoi tornare ora con la mente a quel ragazzo che ascoltava Veedon Fleece. So che lo vorresti, come lo vorrei io, ma in
quel caso c'era un percorso, di guarigione dal dolore. La ferita era ancora
aperta e il sale non era stato versato fino in fondo. Leggevamo Paul Auster,
adoravamo Henry Miller, ma forse la cosa più importante che stavamo facendo era
celebrare la nostra giovinezza. E non c'era alcun peccato, nel voler correre con
le spalle rivolte verso una strada, che non poteva essere la nostra. La
città brillava e sfolgorava, mentre noi tutti stavamo passando, tra il vino, le
amiche e certe pezzi speciali. Era un gioco pulito, era un gioco dove tutti conoscevamo a memoria le regole. Fair play to you, mi dicevi, chiedendomi di
raccontarti ancora di quel campeggio in Sila. Non ci si stancava mai e le sere
erano dolci e lunghe e confortevoli, come questo bicchiere di bourbon, come la
malinconia che solcava e sfiorava i tuoi capelli. Il mio ciuffo era davvero
indomabile, selvaggio come se avessi visto sul serio quel leone adagiato in
riva al lago, ma erano solo i fumi dell'LSD che stavano svanendo. Io però ero lì nell'alba di un mattino, d'estate, distrutto da
una notte che non aveva conosciuto riposo né sosta. E sentivo dentro che la pioggia
sarebbe infine giunta, che l'estate avrebbe ceduto il passo a un
prodigioso e splendente autunno, che quell'autunno sarebbe stata sul serio "la stagione del Bulbus".
Non c'era niente che non andava nei nostri passi di danza, anche se non li
avevamo studiati né provati, perché avevamo fiato e nervi, ma non sapevamo dove
ci avrebbe condotto tutto questo. Anzi, forse lo sapevamo già. La nostra
destinazione era Cork, perché tutti stavano andando in Irlanda in quel periodo. A period of transition, tentando di vivere e cavalcare quella indomita Celtic Tiger, cercando di essere noi stessi,
coi pochi bagagli, un paio di libri rubati e presi in prestito, impropriamente. Ricordo che ti parlai a lungo di Calvino e non di Poe, delle sue trame che duravano solo
per un capitolo, forse due. Sempre troppi rispetto all' ispirazione, alla
trascendenza che stavo rinvenendo Into the music, Into the mystic. Com'era verde la
copertina di Veedon Fleece e che potenza c'era dentro, malgrado tutto! Ricordo
che rimasi un po' deluso sulle prime, ma durò pochissimo, il tempo di uno, forse due brani, perché ero già preso dalla chitarra di Cul de Sac, dal ritmo
avvolgente di Bulbs. Ma soprattutto non restai deluso dalla dolcezza disarmante di Come here
my love. Lo stereo aveva il repeat-one e ascoltai per ore Fair Play e poi
ancora Linden Arden Stole the Highlights e Who Was That Masked Man. Una di
quelle prove del nove: quando ti piazzi davanti al nemico e aspetti che
venga aperto il fuoco, ma tutto quello che viene fuori è solo dolore, sentimento: un
romantico sentire. Credi che Van Morrison non sia indicato per descrivere
questi tempi barbari, ma forse non era adatto nemmeno per farci da colonna
sonora in quei momenti. Quando stavamo ancora tentando di trovare la nostra
strada, il modo per avere un posto (nostro?) nel mondo. Io dopo tanti giri a vuoto, molte occasioni sfumate, sono riuscito a trovare perlomeno me stesso. Ho visto persone
andare e venire e io sono rimasto sempre qui. Qui nel mezzo della vita. Ho provato a vivere al meglio,
per quello che avevo, per le carte che avevo scambiato con la mia libertà. Almeno così mi pare di ricordare, adesso.
C’è ancora una domanda che mi si palesa dinnanzi, durante un pigro, sonnacchioso ma non sognante fine settimana. E ci sarà l’immancabile quesito che mi scuote, come una pietra scalciata. L’avevo posta in giardino, accanto al giaciglio del gatto nero, nella speranza di scovare la forza, nel rimpianto di una ispirazione perduta, tradita. Fai brillare la nostra luce nei giorni di piena meraviglia. Quando la mente ti conduce al fiume, Blake e gli Eterni ai piedi delle Sorelle della Misericordia. Cercando il vello perduto di Veedon, giù per le cattedrali, cercando ciò che resta della gloria di autentica grandezza, alla ricerca della saggezza, Looking for the Veedon Fleece. Ora ascolti il suono di questo Hammond B3 e fai finta di essere con me, trafitta da una nostalgica meraviglia, che ci sospinge fino alla costa occidentale. E non sai quanto ti potrebbe costare questo mio invito al blues, questa domanda di partecipazione cui credevi di aver già dato disdetta. Il suo nome è Veedon Fleece. L'autore, Van Morrison.
(Testo a cura di Dario Greco)
Sempre belli i tuoi scritti Dario. Struggenti.. Forse di un presente mai passato..
RispondiEliminaTi ringrazio molto, caro Marco. E' così! :)
Elimina