Premessa – Looking for the Veedon Fleece
"Non
è mai leggera la tenerezza" usava dire una mia vecchia fiamma. No, lei non era una
grande fan di Van Morrison, ma aveva ottimi gusti musicali, ugualmente.
A quel tempo
la musica riempiva le nostre vite e non c'era giorno in cui non scoprivamo
qualcosa di importante, di grande, degno di essere raccontato e quindi tramandato. Così pensavamo, almeno! Non
c'erano ancora i social network e internet non era il centro delle nostre
esistenze. Era presente, ma non determinante. Infatti io questo disco l'avevo
scoperto grazie a l'Enciclopedia del Rock, edita da Arcana e forse avevo
intercettato anche qualche considerazione di Piero Scaruffi. Un disco che per
certi versi ricordava lo stile e i temi trattati nel capolavoro del 1968,
Astral Weeks. La copertina vedeva Van ben vestito accanto a due magnifici
esemplari di levrieri irlandesi, con uno sfondo di una bella villa circondata
da alberi e verde. Il tema del disco era il ritorno a casa, presumibilmente.
Dando
un'occhiata ai titoli stampati con un bel font sul compact disc che stavo per
acquistare da Iguana Shop, mi resi conto che non conoscevo nessuna canzone, ma
che già leggendo con scarsa attenzione, mi trasmettevano qualcosa di familiare,
di buono e diverso dal solito. Circa un anno e mezzo prima avevo ascoltato uno
dei dischi che ancora oggi considero tra i miei preferiti: Blood on the Tracks
di Bob Dylan, pubblicato durante il mese di gennaio del 1975. Veedon Fleece
invece era stato dato alle stampe qualche mese prima, durante lo stesso anno di
un altro disco che amavo: The Heart of Saturday Night, secondo lavoro in studio
del giovane californiano Tom Waits.
Avevo da poco scoperto un altro disco: Solid Air di
John Martyn e in molti mi dicevano un gran bene anche di un certo Nick Drake,
un cantautore inglese, che in seguito scoprii era morto subito dopo la
pubblicazione di Veedon Fleece, ma cosa più importante, in tempo per realizzare
tre magnifici lp: Five Leaves Left nel 1969, Bryter Layter nel 1970 e l'ultimo,
ma non per importanza, Pink Moon nel 1972. Questo è il contesto e il preambolo
che mi ha portato tra le braccia, ma soprattutto tra i solchi di Veedon Fleece
di Van Morrison, ottavo disco in studio per il cantautore nordirlandese. Fino a
quel momento il suo disco più irlandese di sempre.
Veedon Fleece (Capitolo cinque)
Veedon
Fleece è l'ottavo album in studio del cantautore nordirlandese Van Morrison,
pubblicato il 5 ottobre 1974. Morrison ha registrato l'album poco dopo il
divorzio dalla moglie Janet (Planet) Rigsbee. Con il suo matrimonio ormai alle
spalle, il cantautore visitò l'Irlanda in vacanza per trovare nuova
ispirazione, arrivando il 20 ottobre 1973, assieme alla fidanzata Carol Guida.
Mentre era lì scrisse, in meno di tre settimane, le canzoni incluse nell'album,
fatta eccezione per "Bulbs", "Country Fair" e "Come
Here My Love". I testi, composti attraverso la tecnica del flusso di
coscienza, lo rendono accostabile per certi versi ad Astral Weeks, ma in effetti
in questa occasione è evidente come l’impianto musicale sia in debito verso
atmosfere celtiche, principalmente acustiche e se vogliamo più essenziali,
rispetto al lavoro del 1968. Non è un caso se la critica più attenta parlerà di
capolavoro dimenticato, realizzato con maggiore consapevolezza e maturità, nel
canone del suo autore. Durante i mesi estivi del 1973, Morrison aveva
intrapreso un tour di tre mesi con la sua band di undici elementi, la Caledonia
Soul Orchestra. Sebbene i concerti e l'album dal vivo, It's Too Late to Stop Now,
siano diventati famosi per Morrison, fotografandolo in uno stato di grazia, il
tour è stato fisicamente ed emotivamente estenuante. Morrison decide di
prendersi una vacanza, tornando in Irlanda dopo un'assenza di sei anni per
registrare un programma televisivo nazionale. Dopo aver affrontato la procedura
di divorzio, Morrison era ora accompagnato dalla sua nuova fidanzata. La
vacanza durò quasi tre settimane durante le quali visitò solo la parte
meridionale dell'isola e non si avventurò nella sua nativa Irlanda del Nord per
motivi di sicurezza, vista la situazione turbolenta di Belfast.
Nel 1978 Van
Morrison ha ricordato di aver registrato le canzoni quattro settimane dopo
averle scritte: "Veedon Fleece era un gruppo di canzoni che ho scritto e
registrato quattro settimane dopo averle composte. Quando fai un album scrivi
alcuni brani; potresti avere quattro canzoni e forse ne scrivi altre due,
improvvisamente hai abbastanza canzoni per un album." Secondo il
batterista Dahaud Shaar, le tracce sono state stabilite in modo molto
informale. Il bassista David Hayes afferma che: "Ogni sera per una
settimana è arrivato con due o tre nuovi brani e abbiamo iniziato a suonare con
lui, senza troppe indicazioni, in modo semplice e diretto". Jim Rothermel
ha ricordato che durante le registrazioni dell'album in California le canzoni
erano spesso la prima take e che i membri della band a volte non avevano
sentito i brani in precedenza. Gli archi e i legni sono stati arrangiati da Jef
Labes in uno studio di New York. La canzone "Come Here My Love" è
stata composta durante le incisioni, mentre "Country Fair" proviene
direttamente dal periodo di Hard Nose the Highway. "Bulbs" e
"Cul de Sac" furono editate a New York con musicisti con cui Morrison
non aveva mai lavorato prima: il chitarrista John Tropea, il bassista Joe Macho
e il batterista Allen Schwarzberg. L’approccio è molto più rock e pimpante,
rispetto al nucleo dei pezzi che caratterizzano l’album. "Veedon Fleece
inaugura un periodo di crescente fiducia poetica, con una Musa che pur operando
attraverso il flusso di coscienza, è sotto il controllo del paroliere". Le
canzoni, registrate nell'album, sono state influenzate dal suo viaggio in
Irlanda nel 1973 ed era la sua prima visita da quando aveva lasciato Belfast nel
1967.
Veedon Fleece - Il disco
La traccia
di apertura, "Fair Play" prende il titolo da un amico di Van
Morrison: Donall Corvin, il quale in una espressione colloquiale era solito
ripetere “fair play to you” come complimento ironico. È una ballata in 3/4 dove
vengono citati i nomi di Oscar Wilde, Edgar Allan Poe e Henry David Thoreau.
Secondo l’autore deriva "da ciò che mi passava per la testa" e segna
un ritorno alla scrittura realizzato attraverso la formula del flusso di
coscienza, già utilizzato in alcune tracce degli album precedenti. "Linden
Arden Stole the Highlights" prosegue con "Who Was That Masked
Man" (cantata in falsetto) sostenuta da un impianto fortemente lirico,
melodico ed evocativo. La trama riguarda un mitologico espatriato irlandese che
vive a San Francisco, il quale una volta messo alle strette, diventa violento e
poi si nasconde, "vivendo con una pistola". Un riferimento esplicito
alla serie tv, The Lone Ranger. Morrison ha descritto l'antieroe Linden Arden
come "l'immagine di un immigrato irlandese che vive a San Francisco – un
tipo molto duro. "Streets of Arklow" descrive una giornata perfetta
nella "terra verde di Dio" ed è un omaggio alla contea di Wicklow,
visitata durante la permanenza irlandese dell’autore proprio nel '73. Nei versi
di apertura della canzone: "E mentre camminavamo per le strade di Arklow,
oh i colori del giorno caldi, e le nostre teste erano piene di poesia, al
mattino che arrivava all'alba" si diceva che "contenessero i semi
tematici di l'intero album: natura, poesia, Dio, innocenza ritrovata e amore
perduto” secondo il critico John Kennedy. "You Don't Pull No Punches, but
You Don't Push the River" è considerata come una delle composizioni più
riuscite di Morrison. Ha rivelato che la canzone avesse un debito considerevole
con le letture nella terapia della Gestalt. La terapia della Gestalt si occupa
soprattutto di osservare e verificare la consapevolezza del processo dei
pensieri, sentimenti e azioni di un individuo, prestando maggiore attenzione al
“cosa” e al “come”, piuttosto che al “perché” di un'azione o di un
comportamento.
Sulla seconda faccia dell'album
troviamo "Bulbs" e "Cul de Sac", brani che si concentrano
sull'emigrazione in America e sul ritorno a casa. L'album si conclude con tre
canzoni d'amore: "Comfort You", "Come Here My Love" e
"Country Fair": le ultime due utilizzano uno stile classico di ballata
irlandese. Per Clinton Heylin sono tracce che trattano il potere lenitivo
dell’amore, parlando di ciò che l’innamorato riesce a fare per la propria
amata. Come Here My Love suona come il canto di un uomo che sta imparando ad
amare nuovamente. In termini tematici "Country Fair" è un sequel di
"And It Stoned Me", con la differenza che mentre And It Stoned Me era
posta come apertura, la traccia presente su Veedon Fleece viene utilizzata per
chiudere il disco. Elvis Costello ha definito l'album come uno dei suoi
preferiti, citando "Linden Arden Stole the Highlights" come il pezzo
che rende il lavoro così speciale.
La foto di copertina dell'album mostra Van Morrison seduto nell'erba tra due levrieri irlandesi. Il fotografo, Tom Collins, ha scattato la fotografia originale che collocava Morrison e i cani adiacenti al Sutton Castle Hotel, una villa che si affaccia sulla baia di Dublino, dove Morrison soggiornò per la prima volta quando arrivò in Irlanda in vacanza. Diversi autori hanno commentato l'oggetto misterioso, "Veedon Fleece" come appare nel titolo dell'album, citato nel testo della canzone "You Don't Pull No Punches, but You Don't Push the River". Scott Thomas afferma: "Il Veedon Fleece ideato da Morrison è il simbolo di tutto ciò che si desiderava nelle canzoni precedenti: illuminazione spirituale, saggezza, comunità, visione artistica e amore". Steve Turner conclude: "Il Veedon Fleece sembra l'equivalente irlandese del Santo Graal, una reliquia religiosa che risponderebbe alle sue domande, se potesse rintracciarla durante la sua ricerca, lungo la costa occidentale dell'Irlanda." Per Van Morrison il titolo non ha una spiegazione univoca, potrebbe anche trattarsi di un nome proprio di persona. “Ho un intero immaginario di personaggi nella mia testa che sto cercando di inserire in ciò che scrivo. Veedon Fleece è uno di questi e all'improvviso ho iniziato a cantarlo, sotto forma di flusso di coscienza.”
Conclusione
Veedon
Fleece è quel vino pregiato che conservi in cantina per una occasione speciale.
Va saputo apprezzare, a piccoli sorsi, con la giusta atmosfera. In alcune
circostanze questo LP è capace di generare emozioni di cui a volte ci si
dimentica, durante questa frenetica, ma piatta esistenza. Un disco che va
ascoltato a volume sostenuto e/o in alternativa in cuffia, per un ascolto più
raccolto, intimo. Ha delle qualità che sono tipiche di certo jazz, ma al
contempo gode dell'immediatezza più marcatamente folk del cantautorato anni
settanta a cui evidentemente appartiene.
Il
prossimo appuntamento è con Into the Music, undicesimo album, pubblicato nel
1979.