KEEP ME SINGING - Divagazioni morrisoniane

Ci sono dischi che sono importanti per la storia della musica. Poi ci sono dischi che per qualche motivo rientrano nella nostra vita. Probabilmente Keep Me Singing non farà la storia della musica, ma nella mia personale biografia ci sarà sicuramente spazio per un disco che sa, per certi versi, di un ritorno a casa. Il 2016 non è stato un anno particolarmente ricco di musica, per quanto mi riguarda. Tuttavia, nel corso di un difficile autunno, è arrivato questo disco che è riuscito a strapparmi qualche bel momento, almeno sotto un punto di vista strettamente musicale. Un lavoro dove non è semplice scegliere una sola traccia: si tratta infatti di un'opera davvero molto ricca, che ci restituisce un Van Morrison davvero ispirato e concentrato, come non lo si sentiva da tempo. Erano diversi anni che il cantautore nordirlandese non regalava emozioni così intense. Possiamo tranquillamente affermare che con questo disco Van Morrison sia entrato in una nuova fase, in termini di ispirazione di un ritrovato talento, mai del tutto perduto, per essere onesti. 

Ci sono dischi che ti sollevano quando sei in uno stato d'animo negativo. Ci sono album che ti danno la forza e l'energia per tirare avanti. E poi ci sono dischi che ti arricchiscono a livello spirituale, intimo, quasi come degli inni sacri. Van Morrison oltre che un pluristrumentista è un autore sensibile e dotato, che non ha mai nascosto la sua passione autentica per il jazz, il folk e il blues. Oltre all'aspetto più squisitamente sonoro e musicale, emerge tra le sue canzoni una propensione per la poesia classica, romantica e per autori più attuali come Jack Kerouac. Kerouac caposcuola del movimento Beat assieme al suo amico Allen Ginsberg, è stato un modello d'ispirazione per alcuni dei più prolifici e dotati cantautori degli ultimi 60 anni. Pensiamo ad esempio all'influenza esercitata su Bob Dylan, ma anche sugli stessi Neil Young e Robbie Robertson.

Eppure è stato proprio Van Morrison a rendergli omaggio e a tributargli la giusta importanza, attraverso i solchi di alcuni dei suoi pregevoli lavori. In particolare tra il 1982 e il 2016 con i dischi Hymns to the Silence, Beautiful Vision e Keep Me Singing. Ma se un'intera generazione di sognatori, vagabondi, hipsters e beaknik ha dedicato una porzione del proprio tempo al culto della lettura dell'opera completa di Jack Kerouac, Van Morrison è stato capace di avvicinarsi alla sensibilità dello scrittore di Lowell meglio di tanti altri. Un'influenza mai nascosta, basti leggere con attenzione le liriche di On Hyndford Street o di In Tiburon, ma se vogliamo un po' tutte le canzoni scritte in modo fluido, secondo le regole promosse proprio dalla poetica dei beat che tanto ha influenzato il mondo musicale e contro culturale che Van Morrison si è ritrovato a vivere durante le sue sortite in California e a Woodstock. La citazione all'opera The Dharma Bums, I vagabondi del Dharma, romanzo scritto da Kerouac nel 1958 è un attestato di stima e di vicinanza poetica tra il cantautore di Belfast e lo scrittore americano.

A proposito di Jack Kerouac, Morrison dirà: "Ci sono tre libri molto importanti per me. Un paio mi sono stati regalati da un lavavetri: uno era The Dharma Bums di Jack Kerouac; l'altro era il Buddismo Zen di Christmas Humphreys. E il terzo era La nausea di Jean-Paul Sartre. Sono stati i tre libri che mi hanno influenzato di più. Di Dharma Bums l'elemento che mi ha più colpito è stata la spontaneità della scrittura e il modo in cui si stava svolgendo. E vedi che anche Kerouac era nel Buddismo Zen, quindi quella era la connessione. Era molto, molto musicale, come una lunga improvvisazione. La sua scrittura in realtà aveva molto a che fare con il jazz, perché era quello che stava ascoltando in quel momento - ed è quello che ha preso anche me."

Oggi mi piace riascoltare un disco piacevole e per me speciale come Keep Me Singing del 2016, uscito proprio durante l'autunno, un periodo dell'anno dedicato alla meditazione e alla contemplazione. Come diceva Francesco Guccini: "Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età, dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità. Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità. Prima di scoprire le canzoni di Van Morrison per me la contemplazione era molto legata all'ascolto di certi dischi di atmosfera nostalgica, ma calda come quelli prodotti dal cantautore modenese. Van Morrison ha cantato le meraviglie di questa stagione. Sono davvero molti i brani e gli album perfetti per essere ascoltati durante questo periodo. 

Sicuramente "In Tiburon" con il suo flusso di ricordi e di memorie, rientra nel novero dei brani che è bene ascoltare durante il meriggio, magari durante una fuga solitaria in una località marittima, sul litorale dell'Alto tirreno cosentino. Facendosi compagnia con una candela profumata, un po' di incensi e un buon libro di Jack Kerouac, una raccolta di poesie o un romanzo, non fa tanta differenza. Sarà l'autunno ad avvolgerci come in una calorosa sciarpa, dentro una ridda di colori e di emozioni. Immaginando per un attimo di essere in California, di ritorno dal City Light di Ferlinghetti. Un piccolo momento zen, come piccoli e audaci beatnik di periferia, persi nel tramonto migliore di un invincibile cielo d'ottobre.

I suoni che mi giungono sono attutiti, rimbombanti, smorzati, come se i travagli dell'uomo si svolgessero sott'acqua. Sento la marea che si ritrae ma non ho paura di essere risucchiato, sento le onde che sciabordano ma non ho paura d'affogare. Cammino tra i relitti e i rottami del mondo, ma i miei piedi non sono contusi. Non c'è limite al cielo né divisione tra terra e mare. Mi muovo tra chiusa e orifizio con piede instabile, che scivola. Non annuso niente, non odo niente, non vedo niente, non avverto niente. Supino o prono, di fianco come il granchio o a spirale come un uccello, tutto è beatitudine vellutata e indifferente.

Testo a cura di Dario Greco

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