Ascoltando Hard Nose the Highway


Hard Nose the Highway (1973)

Il mondo è pieno di selvaggia, ruggente bellezza. Tocca a noi coglierla, sentirla, farla temporaneamente nostra. Solo un attimo di splendente illusione e vacuità. La mia splendida ricompensa in dobloni non sarà il tesoro dei pirati, non sarà uno scrigno pieno di preziosi. Soltanto un attimo prima di scomparire, afferrare quel sottile selvaggio suono mercuriale. Sospinti dal divino soffio di immortalità; questo è quello che cerco, questo è il minimo che voglio accettare, adesso, ora! Fino alla fine del tempo e dello spazio, quando sarò trafitto da una lama rovente, dentro uno scudo d'acciaio. Erica viola, che mi guidi nel cammino perpetuo, nello scorrere inesorabile dell'ultima era, di questo triste stanco mondo!

Il 1973 per Van Morrison fu un anno memorabile. Non solo perché veniva da un periodo di grandi successi che era stato inaugurato tre anni prima con la pubblicazione di Moondance, uno dei suoi best seller, ma soprattutto per via dei live che stata affrontando in quel periodo. Il tutto come ben sappiamo venne immortalato nei due dischi live ufficiali pubblicati nel 1974 dal titolo It's Too Late To Stop Now. Qui possiamo ascoltare come Morrison abbia plasmato una band che risponde al nome di Caledonia Soul Orchestra, gruppo composto da una solida sezione fiati, un quartetto d'archi, chitarra elettrica, basso, piano, organo e batteria: dieci elementi per colorare e supportare il suo leader; un Van Morrison assolutamente stratosferico, in uno stato di forma e di grazia senza precedenti.

Dal punto di vista compositivo l'autore era reduce degli album His Band and Street Choir e Tupelo Honey, ottimi lavori e buoni successi commerciali, ma soprattutto aveva pubblicato Saint Dominic's Preview solo un anno prima di Hard Nose the Highway, le cui sessions furono completate tra l'agosto e l'ottobre del 1972. Questo settimo lavoro in studio è un disco diverso, sia in termini di ispirazione, sia dal punto di vista musicale e contenutistico. Si tratta in effetti di un album che si spinge oltre, rispetto a quanto era stato realizzato con gli ultimi quattro dischi. Appare evidente già leggendo i credits, dato che qui troviamo ben due brani non autografi: Bein' Green e la meravigliosa canzone tradizionale Purple Heather. Morrison compone di proprio pugno sei brani, uno diverso dall'altro. Il lavoro inizia col botto dato che l'apertura è affidata all'inusuale Snow In San Anselmo, brano intrigante sorretto dal suggestivo coro a opera della Oakland Symphony Chamber Chorus che si sviluppa su un pattern di batteria quasi swingante. La struttura del pezzo è esemplare quanto efficace. Nelle strofe la band suona in modo minimale ed etereo, mentre nella progressione di accordi crea un effetto stomp sofisticato e straniante. Non a caso è uno dei pezzi meno scontati del catalogo morrisoniano anni settanta. Segue un brano che ha subito conquistato i fan di Van Morrison: la suggestiva ed elegiaca Warm Love. La canzone è sorretta da un arrangiamento fantasioso, brillante ed efficace. La voce di Morrison ci trasporta attraverso questo caldo amore. Chitarre acustiche, flauti, batteria che gioca sulle dinamiche fondamentali. Raramente possiamo sentire un disco così ben prodotto che suona allo stesso tempo con la stessa intensità di un live. L'abilità del Nostro autore di lavorare sugli arrangiamenti è già prodigioso e quando azzecca il riff, la strofa e il chorus giusto, c'è poco da fare e dire. Un altro bel colpo arriva con la title track, posizionata come terza traccia dell'album. Non c'è tempo per farsi lustrare le scarpe quando cerchi di guadagnarti da vivere, afferma il Nostro. C'è solo tempo per produrre grande musica, qui. Wild Children è dedicata alla generazione nata nel secondo dopoguerra che è cresciuta attraverso immagini di antieroi americani come quelli interpretati da James Dean, Marlon Brando, Rod Steiger e il drammaturgo Tennessee Williams. Van Morrison utilizza qui ancora una volta il concetto di Wildness, di cui successivamente si approprierà un altro cantautore talentuoso come il collega statunitense Bruce Springsteen.

The Great Deception secondo il biografo Richie Yorke è "una delle accuse più pungenti da qualsiasi osservatore, per non parlare di un artista rock, della tragica ipocrisia di tanti partecipanti alla sottocultura, in particolare il big-time rock star di questa era. Being Green è la prima composizione non autografa che Van Morrison include in un album Warner Bros. "Era solo un'affermazione che non devi essere sgargiante. Se a qualcuno non piaci solo perché sei una certa cosa, allora forse sta vedendo la cosa sbagliata”, afferma egli stesso.

A proposito di "Autumn Song", memorabile suite di durata importante (oltre dieci minuti!) un critico dirà: "Non posso negare che sia la canzone più funky sugli splendori e gli umori dell'autunno che sia mai passata attraverso le mie orecchie". Senza dimenticare come a livello tematico, diventerà un brano seminale per il Morrison post-settanta. La canzone finale, "Purple Heather" è la tradizionale "Wild Mountain Thyme" scritta da F. McPeake come variante di "The Braes of Balquhidder" di Robert Tannahill, riarrangiata in maniera impeccabile da Van Morrison.

Contribuiscono alla buona riuscita del disco il nucleo di musicisti che è diventato una presenza fissa per gli spettacoli live di Van Morrison. Citiamo almeno Gary Mallaber alla batteria, David Haynes al basso, Jef Labes al piano, John Platania alla chitarra, Jack Schroer al sax, Bill Atwood alla tromba, ma più in generale il tenore degli strumenti presenti in queste sessioni è di livello eccelso.

Il giudizio della critica al disco

L'album ha goduto di ottime recensioni al momento dell'uscita. Per Charlie Gillett "il problema di Hard Nose the Highway è che sebbene la musica sia spesso interessante, non ha una base emotiva convincente. Nonostante la mancanza di ispirazione e di focalizzazione melodica, il disco è attraente da ascoltare. Ma Van Morrison ha fissato standard elevati per sé stesso e Hard Nose the Highway non è all'altezza di loro." Per Stephen Holden "Hard Nose the Highway è psicologicamente complesso, musicalmente irregolare, liricamente eccellente. Profondità liriche più ricche rispetto al solito, maggiormente accessibili rispetto ai suoi predecessori. Il tema principale è la nostalgia, brevemente ma fermamente contrapposta alla disillusione." Secondo Erik Hage, "Hard Nose the Highway sembra aver subito molte critiche inutili - molti commentatori lo considerano il suo album peggiore e meno ispirato - forse perché fa seguito a una sequenza notevole di album: su tutti Saint Dominic's Preview che lo precede e Veedon Fleece che lo seguirà. Tuttavia il disco ascoltato oggi in una prospettiva retrospettiva e storica, appare come un gioiello prezioso e brillante, stupefacente fermo immagine di un’epoca gloriosa e perduta per il pop rock d’autore dell’epoca.


Testo a cura di Dario Greco



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Un'idea di Dario Greco 

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