Down the Road
DOWN THE
ROAD (Capitolo 13)
Due note e
il ritornello era già nella pelle dei sedili di quel treno. È l'invincibile estate
2003. È notte e sono da solo, col treno fermo in una stazione di periferia.
Cielo limpido, un silenzio magico nel buio più nero che c'è. Alzo la testa, una
miriade di stelle, walkman e cuffie alle orecchie, con Only a dream di Van
Morrison a palla! The Man sta cantando per me e per questa improvvisa sosta.
Avevo 24 anni e tornavo a casa da un viaggio lungo e proficuo. Il tempo era
solo una promessa, l'estate un senso sconfinato di libertà, e quasi tutto
doveva ancora accadere. Poi tutto è volato in un soffio. Proprio come in un
film con Kevin Costner, proprio come in un sogno. Only a Dream.
La
pubblicazione del 29esimo disco in studio di Van Morrison ha una valenza
storica di tutto rispetto, almeno per il sottoscritto. Fu proprio in questa circostanza che
scoprii i suoi dischi in studio. Appena un mese prima un amico con la passione musicale, e una discreta collezione di cd vinili, mi passò un po' di cose, tra cui Tori Amos, Nick Drake, Tim Buckley, Nick Cave,
Portishead e dato che sapeva della mia passione per Bob Dylan, Tom Waits e
Springsteen, mi fece pure una copia di Moondance e Astral Weeks, raccomandandomi di
ascoltare quest'ultimo con attenzione, non come se fosse un disco qualsiasi. Purtroppo la copia di
Moondance non era leggibile né da PC né da lettore cd, motivo
per cui, prima di farmelo ri-duplicare ascoltai per giorni e giorni solo Astral Weeks. Dopo pochi giorni, mentre ero quasi del tutto assorbito dalla lettura di
Tropico del cancro di Henry Miller, ci furono alcune nuove uscite degne di
nota, tra cui l'ultimo Tom Waits, che già ascoltavo da un po' di tempo e Van Morrison.
Il disco di Van Morrison si chiamava proprio Down the Road. All'epoca ero appena
rientrato da una parentesi non entusiasmante nella Capitale, dove ero
stato a trovare amici che studiavano all'Università di Roma "La
Sapienza". Era un bel pomeriggio di maggio quando mi feci dare un passaggio dal
mio vicino di casa, che lavorava a Cosenza, ma rientrava a casa per la
pausa pranzo.
Ora: per i cd vecchi mi rivolgevo abitualmente a negozi come Piro Dischi, Iguana e Orfeo, ma per le
novità il meglio era a parer mio Il Tempio della Musica. A volte gli
arrivavano le ultime uscite perfino con qualche giorno di anticipo, rispetto alla
data di pubblicazione. All'epoca non usando in modo costante internet, avevo
letto su una rivista cartacea di questo nuovo Van Morrison. La cosa che mi
colpì subito fu la bellezza della copertina, che raffigurava la vetrina di un vecchio negozio
di dischi, con in bella mostra titoli e nomi di tutto rispetto. Un manifesto
programmatico in piena regola di quello che poi avrei trovato tra i solchi del
disco. Anche il cd era davvero bello, con la scritta argentata, quasi brillante, su sfondo color ciliegia. Sapeva di cose buone: suoni caldi, accoglienti. Tornato a casa nemmeno cenai, visto come ero gasato per questo nuovo acquisto.
Costituiva di fatto oltre un quarto dei pezzi che possedevo all'epoca di Van
Morrison, che oltre ai già citati Astral Weeks e Moondance comprendevano anche una cassetta mixtape con la hit Brown Eyed Girl, una registrazione fai da te di Caravan con The Band,
Gloria e Baby Please Don't Go dei Them.
L'attacco roots con armonica, chitarra e batteria di Down the Road mi fece pensare per un momento a Lou Reed, forse anche agli Stones, ma appena entrò l'organo Hammond, i cori, capii che la mia era un'impressione errata. Questo era un tipico brano alla Van The Man e per la prima volta stavo ascoltando qualcosa di suo senza dover attendere 25-30 anni o qualcosa del genere. Ero sintonizzato, in diretta con un disco dell' artista appena scoperto, grazie ai cd che mi aveva masterizzato il mio amico musicofilo Luigi.
Ora, nel 2002 un appassionato di musica viveva quasi esclusivamente di copie masterizzate in un certo modo, con tanto di fotocopia a colori ben a fuoco della copertina e del retro, questo lo sanno tutti, ma il vero pallino per il fanatico vero, era possedere i dischi originali, con le copertine, senza dover copiare i titoli a mano, come facevano in tanti. Anche in questo caso non facevo in tempo a memorizzare un titolo che subito partiva la traccia successiva, che giudicavo superiore. Avvenne da Meet Me In the Indian Summer, fino a Choppin' Wood. Le due tracce successive non mi presero granché, ma poi arrivarono altri tre brani che mi piacquero fin da quel primo ascolto: Whatever Happened To PJ Proby, The Beauty of the Days Gone By e la cover di Georgia on my Mind. Non era nemmeno finita qui, visto che il disco, composto da 15 tracce, con una generosa durata di 67 minuti, mi fece apprezzare, fin dal primo ascolto, Only a Dream, Evening Shadows e soprattutto il gran finale con quella magnifica, suadente Fast Train. Ecco Fast Train per me era già all'epoca quello che cerco in una canzone. Non solo di Van, ma in generale. Infatti mi bastò una sola volta per esclamare: "Cazzo, ma che scoperta ho fatto?!?"
In effetti la scoperta la feci tramite questo mio amico, peccato però che lui non possedesse altri dischi di Van, fatta eccezione per i titoli che mi aveva già copiato e passato. Così, nei mesi successivi feci di tutto (o quasi) per recuperare i vecchi lavori del Nostro. E con mia grande sorpresa ci riuscii senza problemi (finanze escluse!) , dato che nel 2002 i negozi di musica avevano un ottimo archivio per quanto riguardava le vecchie uscite, ormai in certi casi storiche.
Mi procurai così Hard Nose the Highway, Tupelo Honey, Beautiful Vision, Saint Dominic's Preview, Veedon Fleece, No Guru, No Method, No Teacher, i live di A Night in San Francisco e di It's too late to Stop Now e molti altri. Poi, siccome all'epoca ci si scambiava di tutto, non feci altro che parlare, per mesi e mesi, di questa mia nuova scoperta. Quindi sì, diciamo pure che venni a contatto con la musica di Van Morrison attraverso due classici immortali come Astral Weeks e Moondance, ma fu merito soprattutto di Down the Road se divenni estimatore della sua musica. Era il disco giusto per me, e sapete: lo è ancora!
Ora, so bene che per tanti appassionati questo non è un disco perfetto, che rappresenta una sorta di ripetizione del suo canone musicale, ma per uno che aveva ascoltato solo due dischi e pochissimo altro, Down the Road era la risposta a molte domande. Mi piaceva Mark Knopfler che aveva da poco pubblicato Sailing to Philadelphia, con The Last Laugh, in duetto con Van e naturalmente amavo Dylan, seguivo con passione la carriera di Bruce Springsteen, ma appresi il concetto di vocabili come "vintage", "retrò" e sound anni Sessanta, applicati alla musica pop, tramite questo disco.Era il 15 luglio del 2003. Concerto memorabile e storico per il sottoscritto. Qualche mese dopo, nelle improbabili vesti di selezionatore musicale (Hey, Mr. DJ) avrei infiammato una serata a casa di Ciccio Russo in quel di Torremezzo, con delle selezioni musicali fatte in casa, che comprendevano brani di Roy Orbison, Elvis Presley, Moloko e Donatella Rettore, passando per Jamiroquai e James Brown, ma dove, con sprezzo del pericolo, ci infilai non meno di 4-5 brani di Van the Man. Quelli erano tempi di condivisione e di amicizia che non torneranno più, tempi in cui la vita, la musica, il divertimento, veniva spartito come un pacchetto di sigarette morbide appena acquistato dal tabaccaio.
AGLI AMICI, ALLE SERATE E ALLE BEVUTE DI UN PERIODO IRRIPETIBILE DELLA NOSTRA VITA. LA GIOVINEZZA.
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