Ascoltando Hymns to the Silence
Ci sono dischi che ti sollevano quando sei in uno stato d'animo negativo. Ci sono album che ti danno la forza e l'energia per tirare avanti. E poi ci sono dischi che ti arricchiscono a livello spirituale, intimo, quasi come degli inni sacri. Van Morrison oltre che un pluristrumentista è un autore sensibile e dotato, che non ha mai nascosto la sua passione autentica per il jazz, il folk e il blues. Oltre all'aspetto più squisitamente sonoro e musicale, emerge tra le sue canzoni una propensione per la poesia classica, romantica e per autori più attuali come Jack Kerouac. Kerouac caposcuola del movimento Beat assieme al suo amico Allen Ginsberg, è stato un modello d'ispirazione per alcuni dei più prolifici e dotati cantautori degli ultimi 60 anni. Pensiamo ad esempio all'influenza esercitata su Bob Dylan, ma anche sugli stessi Bruce Springsteen e Tom Petty. Eppure è stato proprio Van Morrison a rendergli omaggio e a tributargli la giusta importanza, attraverso i solchi di alcuni dei suoi pregevoli lavori. In particolare tra il 1982 e il 2016 con i dischi Hymns to the Silence, Beautiful Vision e Keep Me Singing.
Ma se un'intera
generazione di sognatori, vagabondi, hipsters e beaknik ha dedicato una
porzione del proprio tempo al culto della lettura dell'opera completa di Jack
Kerouac, Van Morrison è stato capace di avvicinarsi alla sensibilità dello
scrittore di Lowell meglio di tanti altri. Un'influenza mai nascosta, basti
leggere con attenzione le liriche di On Hyndford Street, ma se vogliamo un po'
tutte le canzoni scritte in modo fluido, secondo le regole promosse proprio
dalla poetica dei beat che tanto ha influenzato il mondo musicale e contro culturale
che Van Morrison si è ritrovato a vivere durante le sue sortite in California e
a Woodstock. La citazione all'opera The Dharma Bums, I vagabondi del Dharma,
romanzo scritto da Kerouac nel 1958 è un attestato di stima e di vicinanza
poetica tra il cantautore di Belfast e lo scrittore americano.
A proposito
di Jack Kerouac, Morrison dirà: "Ci sono tre libri molto importanti per
me. Un paio mi sono stati regalati da un lavavetri: uno era The Dharma Bums di
Jack Kerouac; l'altro era il Buddismo Zen di Christmas Humphreys. E il terzo
era La nausea di Jean-Paul Sartre. Sono stati i tre libri che mi hanno
influenzato di più. Di Dharma Bums l'elemento che mi ha più colpito è stata la
spontaneità della scrittura e il modo in cui si stava svolgendo. E vedi che
anche Kerouac era nel Buddismo Zen, quindi quella era la connessione. Era
molto, molto musicale, come una lunga improvvisazione. La sua scrittura in
realtà aveva molto a che fare con il jazz, perché era quello che stava
ascoltando in quel momento - ed è quello che ha preso anche me."
Oggi
riascoltiamo proprio questo grande capolavoro che risponde al nome di Hymns to
the Silence, doppio album uscito nel 1991, lavoro che si avvale della
collaborazione di ospiti d'eccezione come Paddy Moloney (The Chieftains) e Dr.
John, accreditato con il vero nome di Malcolm John Rebennack Jr . Ventunesimo lavoro in studio, fotografa un autore in un particolare momento di ispirazione e di influenza mistica e spirituale. Ed è proprio in questi frangenti che il cantautore nordirlandese ha mostrato le sue migliori qualità: una particolare propensione per tematiche solenni, dove l'spirazione è saldamente legata alla tradizione musicale celtica.
La critica acclama
il disco come uno dei lavori maggiori di un maturo Van Morrison, quasi a chiudere
il cerchio inaugurato con Common One e proseguito con Inarticulate Speech of
the Heart e soprattutto con No Guru, No Method, No Teacher, capolavoro del
1986.
In una
recensione apparsa su Time, Jay Cocks ha dichiarato: "Hymns focalizza e
ridefinisce i temi di Morrison nel corso della sua lunga carriera, un po' come
una retrospettiva museale già in corso. Si immerge profondamente
nell'autobiografia, nella speculazione spirituale e nella mitologia blues per i
suoi temi". Elysa Gardner ha scritto che nonostante la presenza di brani
di influenza mistica come "Take Me Back" e "Pagan Streams",
Morrison si appropria di una varietà di stili musicali in canzoni sia gioiose
che commoventi su un album che "trabocca della passione costante che
continua a rendere Morrison affascinante ". Alec Foege invece sostiene che
la sua musica è più eclettica della totalità degli album degli anni '80 di
Morrison, mentre i testi dimostrano che può conciliare la sua fede cristiana
con temi più mondani, consentendo "una ricerca dell'anima piacevolmente
individualista".
Riascoltando oggi il doppio, nonostante le legittime distanze, è difficile trovare dei limiti e dei difetti, proprio in virtù di un discorso musicale polifonico, approfondito e appassionato che l’autore sa trasmettere all’opera. Canzoni per certi versi paragonabili alle ballate ipnotiche stile Astral Weeks, dove il timbro stilistico morrisoniano emerge attraverso un incidere sognante. Si pensi ad esempio a quella forte presenza dell’armonica, a quei mantra ossessivi costituiti sulla reiterazione di alcune parole per dare maggiore suggestione alle canzoni. È un disco che se ascoltato con la giusta attenzione, può donare luce ed energie nuove, proprio come era in grado di fare Jack Kerouac attraverso le sue migliori pagine, quando la Musa andava a trovarlo nelle notti solitarie dedicate alla scrittura. Come diceva Bob Marley: mi aiuterai a cantare questi inni di libertà, questi canti di redenzione? Nel caso di Morrison si tratta invece di un vero inno al silenzio. Un paradosso? Probabile, ma di certo si tratta di una filosofia di vita zen, spirituale e mistica, capace di tracciare una coordinata che passa da Belfast per arrivare fino alla provincia statunitense, proprio dove Jack Kerouac si è battuto nell'eterno conflitto che stabilire il confine tra arte, scrittura e vita scapestrata. Quell'eccitante filosofia del mollare tutto e partire senza una meta precisa. Un'ideale che molti rocker e bluesman come Van Morrison sono stati capaci di perseguire, probabilmente con maggiore fortuna rispetto al Poeta di Lowell.
Ci vorrebbero più dischi come Hymns to the Silence, in questo 2021 di nostra vita. Ne siamo fermamente convinti.
Testo a cura di Dario Greco
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