Aspettando alle porte dell'alba il pifferaio magico - Divagazioni morrisoniane

 

Aspettando alle porte dell'alba il pifferaio magico

“La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia.” (Khalil Gibran)

Sento un pianoforte in lontananza e non posso fare niente per evitare di piangere e soffrire. Perché tutto quello che sento è dolore. Anzi se devo esser sincero, in questo istante ho smesso di provare dolore. Non sento proprio niente. Non c'è nemmeno un pianoforte che sta suonando. È solo la mia testa che gioca brutti scherzi, mi fa sentire un musicista che semplicemente non c'è. Sento un pifferaio alle porte dell'alba, prorompere in una melodia senza tempo e senza spazio. La guarigione può avvenire solo quando il livello di consapevolezza crescerà di volume, ancora e ancora. La guarigione inizia con una radiosa giornata di sole. Devi lasciare che la luce entri nel tuo corpo. Ancora una volta, malgrado il dolore, nonostante la mancanza di stimoli e di sensazioni positive, tu hai il tuo cuore e tutto quello che c'è di sbagliato nelle tue azioni, o nella mancanza di esse. In un cammino interminabile, come una ridda suonata da un violino indomito, anche quando i tuoi polpastrelli fremono, mentre brucia tutto quello che c'è da bruciare. Non sono inutili giravolte. Non c'è niente di inutile o di scontato e anche la pioggia è solo benefica, perché scandisce la sospensione di questo autunno appena iniziato. Quando ottobre verrà a bussare alla tua porta, come un dolce amico. Quando ottobre è un percussionista onesto che si preannuncia con il suo incedere frizzantino e indaco. Quando ottobre è quel tramonto immortale, spartito che nessun esecutore sente di poter suonare, adesso. Non ci sono più orchestrali capaci di interpretare il volere dell'autore e quel pianoforte che sentivi in lontananza era solo un trucco, come se ci si fosse dimenticati che l'umanità sta per finire, che non c'era più tempo per questa nostra musica, per tutti questi autori, capaci di scrivere lunghi testi supportati da melodie senza tempo né spazio. Sentivo dentro quel prorompere con tutta la violenza del tuo selvaggio cuore biancospino. L'estate gettava sopra noi una coltre di sudore e di calore. Non c’era modo di respingerla, perché il sole è come un amore folle, di un bambino o di un gatto nero, che non ha bisogno di conoscere i tuoi sentimenti per potersi fidare. Perché le cose possono solo essere oppure no. Come questa canzone che richiama a un sentimento arcaico di incanto e di vento che si muove tra i salici. Sento che stai chiamando invano il suo nome. come un mantra, come la primavera, che tarderà ad arrivare. Implacabile giungerà invece il freddo inverno del nostro scontento. Ma noi eravamo già preparati, anche mentre stavamo sudando sette camicie e mentre il sole stava cuocendo la nostra pelle inadeguatamente tenera. La notte ci ghermì senza alcuna resa. Il suono cresceva dentro di noi, come una sala da ballo, come se tutto fosse stato stabilito, il giro di valzer era appena iniziato. Non sapevamo bene come muovere le gambe, ma questo non ci avrebbe certo scoraggiati, non in quel momento, mentre il pifferaio era alle porte dell'alba, mentre il nostro sogno viveva di luce nuova, come quando l'estate era lunga e c'era tempo da perdere, dietro una nuova bucolica avventura, quando una giornata durava una vita e quando lo schermo proiettava il film della nostra vita. E il fresco della riva del fiume ci dava speranza di continuare a vivere, a lottare e a sognare. Perché sarebbe arrivata un'altra estate e tempo per ridere, giocare e rincorrere le nostre procaci chimere. Aspettando alle porte dell'alba il pifferaio magico.

“La torbida marea del sangue dilaga, e in ogni dove annega il rito d’innocenza. Qui i migliori hanno perso ogni fede, e i peggiori si gonfiano di ardore appassionato.”  (William Butler Yeats)

In memoria del musicista e "poeta" Paddy Moloney

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